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Con il decreto cosiddetto “CURA ITALIA” emanato dal
governicchio di Giuseppi si indicano, fra le altre cose, anche alcune
indicazioni e prescrizioni atte a sfoltire, secondo una lista di patologie di riferimento,
le presenze dei detenuti nelle carceri.
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Secondo
questa genialata governativa occorre mettere in libertà, o meglio agli
arresti domiciliari, coloro che sono in stato di detenzione prescindendo dalla
loro caratura delinquenziale o dallo stato di pericolosità sociale.
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Seguendo
le direttive di Giuseppi le patrie galere si sono aperte per far uscire Francesco
Bonura, di 78 anni, boss di Cosa Nostra definito da Tommaso Buscetta “un
mafioso valoroso”, e Vincenzo Iannazzo, 65 anni, esponente di rilievo
della ‘ndrangheta.
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E’
stato scarcerato anche Pino Sansone, 69 anni, che ha ricoperto un ruolo
di comando ai vertici della cupola mafiosa nel dopo Riina, a cui era molto
legato.
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Nel
caso di Bonura, responsabile di molti dei numerosi delitti compiuti dalla
mafia, questi è stato anche autorizzato dal Tribunale di Milano ad uscire da
casa, “ogni volta che occorrerà per “motivi di salute” e “per
significative esigenze familiari”, vale a dire ogni volta che ne avrà
voglia.
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Per
quanto riguarda Vincenzo Iannazzo, il Re delle estorsioni soprannominato
“il moretto”, va detto che questo personaggio ha interpretato il ruolo
di capo del clan di Lamezia Terme fino al momento della sua condanna a 14 anni
e sei mesi di carcere, ma poi secondo le prescrizioni dell’attuale decreto di
Giuseppi il suo stato di salute è stato giudicato incompatibile con l’emergenza
epidemiologica ed è stato quindi rimandato a casa, proprio nel cuore di Lamezia
Terme.
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Secondo
Alfonso Bonafede il penta “stallato” Ministro della Giustizia, tutte queste
scarcerazioni sarebbero frutto di decisioni che i Giudici avrebbero preso in
completa autonomia, disgiuntamente dalle pressioni governative esercitate per
dare il via all’attuazione del decreto “Cura Italia”.
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La
effettiva realtà è comunque sotto gli occhi tutti, e ci rivela che lo
sciacallaggio governativo che vede il Governicchio impegnato in tutta una serie
di soprusi contro il Popolo italiano, continua a dare il peggio di sé,
manifestando accondiscendenza verso i clandestini illegali, verso gli zingari,
verso le politiche di una Europa preoccupata solo di ottemperare alle
disposizoni teutoniche, e verso la popolazione carceraria.
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La
totale mancanza di discernimento che congenitamente affligge l’apparato neurale
dell’intera compagine governativa rischia di spancare le porte del carcere a 74
personaggi malavitosi del calibro di Leoluca Bagarella, Pippo Calò, Raffaele
Cutolo, Benedetto Santapaola detto Nitto, che hanno scritto le pagine più buie e sanguinose
dell’Italia del dopoguerra.
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I
Bellocco di Rosarno, Benedetto Capizzi, Antonino Cinà, Pasquale Condello,
Carmine Fasciani, Vincenzo Galatolo, Teresa Gallico, Raffaele Ganci, Tommaso
Inzerillo, Salvatore Lo Piccolo, Piddu Madonia, Giuseppe Piromalli, Nino
Rotolo, Benedetto Santapaola, Benedetto Spera, compongono il gotha criminale che
insieme ai più famosi boss sopra citati hanno spadroneggiato e ucciso in Italia
per lungo tempo ma che ora, probabilmente godranno della totale inettitudione
del governicchio, uscendo di galera.
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Ecco
un breve escursus sulle biografie criminali di un paio di questi personaggi:.
E’
stato uno spietato assassino, detto “la belva” e soprannominato “Don Luchino”,
e autore di numerosi omicidi, oltre che della strage di Capaci in cui morì il
Magistrato Giovanni Falcone.
Fu
anche responsabile del sequestro del dodicenne Giuseppe Di Matteo, il cui corpo
non fu mai ritrovato perché disciolto nell’acido nitrico.
Prima
che il decreto di Giuseppi e la conseguente condiscendenza delle toghe rosse
gli concedessero la possibilità di uscire dal carcere, stava scontando la pena
dell’ergastolo.
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Giuseppe
Calò, soprannominato Pippo,
palermitano e “cassiere di Cosa Nostra”.
Si
occupava del riciclaggio di denaro per conto di Luciano Liggio e di Salvatore
Riina.
A
Roma continuò tale attività per le cosche Corleonesi e per la Banda della
Magliana, poi legandosi a con Roberto Calvi e Licio Gelli fu implicato nel
malaffare del Banco Ambrosiano.
Organizzò l’attentato al treno Rapido 904 Napoli-Milano in
quella che fu definita la Strage di Natale nel 1984 che provocò 17 vittime e
267 feriti.
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Spalancare
le porte a questa accolita delinquenziale non solo è immorale ma costituisce un
vero e proprio oltraggio verso le vittime di mafia e verso i loro parenti,
oltre che verso le Forze dell’Ordine che hanno rischiato e dato la vita per
assicurarli alla Giustizia.
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Il
cosiddetto Ministro della Giustizia Bonafede (mai tale titolo è stato più
usurpato) dovrebbe dimettersi, insieme al bibitaro Di Maio e al comunista Fico,
che grazie alla complicità del canuto rappresentante del Colle e alla colpevole
disabilità mentale di Giuseppi hanno insieme calpestato la volontà popolare e
la democrazia nel nostro Paese.
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Roberto Fico |
Il loro modus operandi li rende simili a quei criminali di
cui ora, manifestando tanta colpevole indulgenza, sono diventati complici a
tutti gli effetti.
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A completamento di un quadro di insieme quanto meno
devastante per il Popolo italiano concorre anche la sfregiante ricorrenza del
25 aprile, altrettanto sintomatica
dell’arroganza con cui l’apparato orwelliano del regime continua ad
imperversare sulla nostra civile società.
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La trita e ritrita canzonetta “Bella ciao” sarà come
sempre l’identificativo attraverso cui
la disinformazione sinistroide presenterà come eroi gli appartenenti
all’apparato estremamente ed esclusivamente criminale dei partigiani comunisti.
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La loro ferocia e la loro efferatezza trova eguale
riscontro in termini di malvagità solamente nell’analogo apparato comunista sovietico,
da cui peraltro dipendevano sia politicamente che economicamente.
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Ora Fico avrà un’altra occasione per salutare le folle con
il pugno chiuso, a dimostrazione del fatto che questo Governo non ci
rappresenta e DEVE quindi andare a casa …
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Il Blog del Pilastro
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