domenica 30 agosto 2020

Il famigerato chilometro zero di Conad City

 

Negli ultimi anni sta prendendo sempre più piede la dicitura “chilometro zero”, in riferimento al percorso che le materie prime e i prodotti alimentari seguono dal produttore al consumatore.

Molti de giganti del settore alimentare pubblicizzano il ricorso a questa metodologia, enfatizzando i benefici che intercorrono fra i consumatori e la catena del sistema ortofrutticolo nazionale.

Uno dei maggiori interpreti di questa politica, almeno sulla carta, è Conad, il cui acronimo significa Consorzio nazionale dettaglianti, una società cooperativa attiva nella grande distribuzione organizzata.

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Senza dilungarmi sulle molteplici sigle in cui Conad si è differenziato, oppure sulle acquisizioni dei punti vendita che sono stati inglobati per espandere le sue attività commerciali, voglio riferirmi in particolare ad un piccolo centro vendita, denominato col marchio Conad City, presente nell’area del Centro commerciale Pilastro, in via Pirandello a Bologna.

Prima di addentrarmi nel nocciolo della questione, puntualizzo alcune precisazioni prodromiche al costrutto della critica che ne consegue.

Va detto che l’Amministratore delegato di Conad, Francesco Pugliese, si rivolge al settore ortofrutta come ad un comparto che offre grandi potenzialità, soprattutto se si costruiscono filiere che coniugano una elevata qualità con la sostenibilità sociale e la competitività, privilegiando la produzione italiana.

La politica alimentare che Conad propone alla sua clientela indica la volontà di riservare una corsia privilegiata ad un modello che si richiama alle caratteristiche del cosiddetto “chilometro zero”, decantando i vantaggi che il consumatore ricava dall’acquistare prodotti di frutta e verdura regionali e nazionali.

Le coltivazioni destinate ad un consumo locale possono essere raccolte al picco della maturazione, con grandi benefici in termini di gusto e di principi nutritivi.

Il breve trasporto e la rapidità di consegna conseguenti alla contestualità territoriale diventano una tutela per le qualità organolettiche dei prodotti, che subiscono un degrado inferiore e permettono di incidere in maniera positiva sul gas serra che viene emesso in atmosfera in quantitativi molto ridotti.

Acquistando dai coltivatori locali si contribuisce inoltre a  proteggere il nostro paesaggio agricolo, scoraggiando la cementificazione e il consumo indiscriminato di territorio.

In realtà tutti questi bei propositi sono spesso disattesi nella triste realtà, in cui Conad appare all’evidenza dei fatti come il solito “venditore di fumo” che specula proprio sul settore che in apparenza dice di voler tutelare, quello della natura, della frutta e della verdura.

Ho scattato alcune fotografie nel “banco frutta” del punto vendita sopracitato, nel quartiere Pilastro, per evidenziare quale sia in effetti la quotidianità con cui Conad si pone davanti ai consumatori.

Ecco le immagini, in cui si può notare in che modo il tanto proclamato “chilometro zero” non sia altro che, in effetti, una semplice menzogna …

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Pompelmi dal SUDAFRICA
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Limoni dall'ARGENTINA
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Arachidi da ISRAELE
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Kiwi dalla NUOVA ZELANDA
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Banane dal COSTARICA
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Tutti questi prodotti sono oggi reperibili da coltivazioni italiane, compresa quella delle banane, coltivate e commercializzate da una azienda siciliana.
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Non bastavano i pomodori cinesi o le imitazioni del parmigiano reggiano per contaminare le nostre abitudini alimentari con prodotti la cui provenienza costituisce un vero e proprio pericolo per la salute, ma ora si aggiungono anche le scellerate e inspiegabili condotte commerciali di Conad che conducono lungo un percorso di globalizzazione mai richiesto dai consumatori italiani.
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Ricordo che Conad è stata implicata nel cosiddetto "patata gate", lo scandalo che ha visto i quadri commerciali aziendali responsabili di aver importato e commercializzato patate infestate da tignola e scabbia, come potete leggere in un mio articolo cliccando sul seguente link :
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Invito quindi i lettori di questo articolo a boicottare le produzioni ortofrutticole che non siano di provenienza nazionale, lasciando marcire sui banchi di Conad tutto ciò che ci arriva da Paesi d'oltremare.
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Riprendiamoci la nostra sovranità alimentare punendo quei burocrati e quegli speculatori che predicando bene ma razzolando male, tentano di ingannarci con lusinghe e false promesse.
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Il Blog del Pilastro
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