L’illegalità sembra essere diventata la norma consueta con cui si esprime l’arroganza di certi operatori commerciali che, nel totale disprezzo delle libertà individuali dei cittadini, si arrogano il diritto di agire in palese violazione delle norme vigenti.
E’ il caso del Circolo Arci noto sotto il nome di “La Fattoria”, situato in Via Pirandello, nel quartiere Pilastro.
Il circolo si propone come mezzo per dare risposte al supposto bisogno di aggregazione dei residenti di quel territorio, ma in realtà interpreta un ruolo molto diverso, manifestando una infinita arroganza e una prepotenza che va ben oltre i limiti della convivenza civile.
Periodicamente infatti la Direzione del circolo Arci organizza delle serate di intrattenimento musicale, sulle quali non ci sarebbe nulla da ridire se non fosse per il fatto che il volume con cui viene diffusa la musica è di molto superiore ai limiti consentiti dalla legge, obbligando i residenti, compresi quelli di Via Salgari a subirne l’impatto e il relativo inquinamento acustico.
La direzione del Circolo è stata cortesemente invitata ad abbassare il volume, che è talmente alto da impedire a chi abita nelle vicinanze di ascoltare la televisione in casa propria, anche a causa del fatto che le finestre delle abitazioni rimangono aperte per via delle alte temperature, ma la risposta data dalla Fattoria è stata perentoria : “Noi il volume NON lo abbassiamo!”
Unitamente allo sconcerto di fronte a tale manifestazione di boriosa arroganza, palesata da chi si pone, o tenta di farlo, come paladino della coesione sociale, rimane il problema di come reagire a tutela degli interessi di coloro che subiscono tale violenza.
Come fare dunque per impedire che un qualunque caporione a capo di una attività commerciale, come quella appunto de “La Fattoria”, continui a calpestare i diritti di chi in quel territorio vuole vivere serenamente senza dover sottostare all’imposizione di fenomeni musicali che appaiono più simili a veri e propri “rave” piuttosto che ad un apprezzato intrattenimento ?
La prima cosa che viene in mente è quella di rivolgersi ai cosiddetti Vigili Urbani, il Corpo di Polizia Municipale il cui responsabile è quel Comandante che risponde del suo operato direttamente al Sindaco o all’Assessore delegato.
Le funzioni di pertinenza del Corpo rientrano nei compiti di Polizia ambientale, amministrativa, stradale, giudiziaria e di pubblica sicurezza, necessarie al funzionamento e al mantenimento della struttura della nostra cosiddetta società civile.
Perfetto, verrebbe da dire !
Chi, se non loro, è in grado di mettere fine ad un sistema di prevaricazione e di illegalità che da tempo assedia gli abitanti di una parte del quartiere Pilastro ?
Alcuni Cittadini si sono quindi rivolti speranzosi agli Uffici competenti, tramite l’invio di mail che spiegavano l’accaduto, e con telefonate di protesta in cui si richiedeva l’intervento diretto.
Una prima comunicazione telematica ha prodotto una risposta verbale, tramite chiamata telefonica, in cui l’operatore affermava che erano state fatte alcune verifiche riguardo ai permessi e alle pratiche burocratiche inerenti alla Fattoria, risultate in regola, seguite dall’invito a rispettare la normativa vigente sull’emissione di suoni.
La risposta, pur tardiva e oramai insperata, è sembrata convincente, ma purtroppo dopo breve tempo le serate “musicali” hanno riproposto il loro prototipo di riferimento, palesando una vera accozzaglia cacofonica di suoni assordanti e lesivi della libertà e della serenità dei Cittadini.
Dopo aver tentato di pazientare a lungo, non è più stato possibile rimanere inerti e passivi di fronte ad una arroganza tale da impedire perfino l’ascolto dei programmi televisivi all’interno delle proprie abitazioni, sovrastati da ciò che sembrava più un “rave” piuttosto che una serata musicale, e ci si è rivolti nuovamente alla Polizia Municipale.
La risposta dell’operatore è stata molto cortese, ma non corroborata da alcun proponimento costruttivo o finalizzato alla risoluzione del problema sollevato per l’ennesima volta.
La risposta anzi, uscendo dai canoni della diplomazia attraverso cui gli operatori tendono a equilibrare lo stress dell’utenza sottoposta alle diverse problematiche, ha palesato una serafica quanto disarmante realtà, proclamando che la Polizia Municipale è sprovvista di fonometro, lo strumento per misurare i decibel.
La tesi dell’operatore è che quindi i Vigili Urbani non possono intervenire poiché tale strumento di controllo non è in loro possesso, e il Cittadino deve rivolgersi altrove, ad esempio all’ARPA che ne è provvista, e fissare un appuntamento con un tecnico che possa eventualmente rilevare l’infrazione.
Una risposta degna di Ponzio Pilato o del "Me ne frego!" di mussoliniana memoria, che descrive il disinteresse assoluto verso i diritti dei Cittadini palesato in ultima analisi dal Sindaco comunista, il quale tiene in ostaggio la Città con la sua inconcludenza e con il suo criminale modus operandi.
Va detto che in altri Comuni della Penisola il relativo Corpo di Polizia Municipale si è dotato dello strumento in oggetto, manifestando una propositività molto diversa da quella palesata dal Sindaco Virginio Merola e dal Comandante del Corpo di Polizia Provinciale della Città Metropolitana di Bologna Fabio Zanaroli.
Lo scaricabarile si accompagna spesso con l’indolenza, e con un mal interpretato senso di condiscendenza verso quelle problematiche a cui non si vuole dare esito, nascondendosi dietro alibi che hanno il sapore dell’inciucio e del clientelismo politico verso Circoli che riflettono una precisa connotazione politica.
Non è un caso che Bologna sia la Città con il più alto numero di graffiti al mondo, assediata da decenni di sporcizia e da vandalismi che l’Amministrazione comunista di Merola non solo tollera ma incentiva con il suo devastante buonismo.
Non è un caso che l’Aula C della facoltà di Scienze politiche dell’Università di Bologna sia stata OCCUPATA per ben ventisei anni dalle frange violente dei Centri sociali, senza che Prefettura, Municipio, Polizia e toghe rosse sollevassero la benchè minima obiezione.
Non è un caso che la rossa Bologna negli anni ’70 abbia celebrato processi come quello denominato Dossier nero, per criminalizzare la gioventù della destra cittadina, mentre si lasciava libero spazio al proliferare delle Brigate rosse e ai loro delitti.
Bologna è ostaggio del comunismo di Merola, che privilegia le orde illegali dei clandestini africani, le schiere di questuanti zingari, oggi elevati al rango di rom e di sinti, i Centri sociali, liberi di proseguire il loro percorso criminale che prevede l’occupazione di edifici e la cieca violenza nei confronti di avversari politici come Matteo Salvini, gli spacciatori di droga che tengono in ostaggio intere fasce di territorio in cui la Legge NON esiste.
Il Sindaco sembra più impegnato a pilotare le Istituzioni cittadine verso il finanziamento delle orde omosessuali che estrinsecano la loro perversione nella festa auto celebrativa del gay pride, il palese trionfo di Sodoma e Gomorra dei nostri tempi, profondendosi in elargizioni di centinaia di migliaia di euro.
Il clientelismo è una delle tante subdole armi con cui il comunista Merola affonda la Democrazia, mettendoci nelle mani di personaggi che nulla hanno a che fare con la convivenza civile, come appunto i dirigenti di “La Fattoria”, che rappresentano gli interpreti di una società di tipo orwelliano, dominata dal pensiero unico…
Invito chi legge a riflettere sul ruolo delle Istituzioni che affiancano il Primo Cittadino e sull’impatto che queste esercitano sulla Democrazia e sulla libertà dei Cittadini.
Un ruolo complice, di cui prima o poi dovranno rendere conto al Popolo …
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Il Blog del Pilastro
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